Il feeder è un recipiente di ceramico di piccole dimensioni con un beccuccio tubolare. Infatti sebbene gli esemplari mostrino una notevole variabilità morfologica si contraddistinguono proprio per la presenza del peculiare beccuccio tubolare, che consente il fluire lento e graduale dei liquidi.
Céline Doubois ha proposto due principali classificazioni: i biberon-cruches, caratterizzati da un corpo più allungato, simile a quello di una brocca, e i biberon-tasses, dalla forma più schiacciata e affine a quella delle lucerne.
Questa classe ceramica fa la sua comparsa nel IV millennio a.C., con esempi provenienti dalla Mesopotamia, dall’Egitto e dall’attuale Iran, diffondendosi poi in Grecia, Magna Grecia e dell’Impero Romano e tenderà a scomparire a partire dal IV secolo d.C., sostituito da un recipiente di forma simile, ma in vetro, materiale più facilmente igienizzabile.
Per lungo tempo, la funzione del feeder è stata considerata esclusivamente quella di precursore del biberon, ipotesi suggerita soprattutto dal ritrovamento nelle sepolture infantili. Tuttavia, recenti analisi biochimiche hanno rivelato la presenza di ingredienti quali vino, grasso animale, cere e oli vegetali, latticini, resina e pece di conifere. Si tratta di componenti comunemente riscontrati nelle ricette di medicamenti curativi e rinvigorenti descritte nei trattati
medici dell’antichità.
È quindi possibile immaginare questo vaso come uno strumento polifunzionale, che ha avuto un ruolo significativo nella cura e nella somministrazione di rimedi terapeutici sia ai più piccoli che ai malati, durante la vita e, simbolicamente, anche dopo la morte, divenendo un importante segno di affetto e accudimento nel corredo funerario.
La dea dormiente, infatti, si confronta unicamente con un’altra venere sdraiata dallo stesso ipogeo, più grezza e dalle forme più approssimate. La posizione racchiusa in un’ideale forma ovoidale, è la medesima in cui venivano deposti i defunti all’ interno dell’ipogeo. Tale dato, assieme alla sua probabile collocazione accanto a questi, ha indotto gli studiosi a ipotizzarne una sua funzione propiziatoria di rinascita in un mondo ultraterreno: infatti, oltre all’ormai noto simbolo di fertilità rappresentato da queste icone femminili preistoriche. La sleeping lady maltese si configura come emblema della funzione sacra e rigenerante del sonno della dea, del riposo eterno da cui, ciclicamente, rinasce nuova vita (Percovich, L., 2013)”.
Casi, C. et al., 2016. La donna nell’Antichità. Archeologia e storia della condizione
femminile dalla Preistoria al Medioevo. Laurum Editrice.
Kultermann, U., 1990. Woman Asleep and the Artist. Artibus et Historiae , 1990, Vol. 11,
No. 22 (1990), pp. 129-161
Percovich, L., 2013. Oscure madri splendenti: le radici del sacro e delle religioni. Venexia
Editrice.
Polo, A. et al., 2011. Le spirali nei templi neolitici di Malta e Gozo.
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