Approfondimento della dott.ssa Licia Diamanti:
Questa bulla d’oro (h 44, 05 cm x 2,6 cm), conservata oggi alla Walters Art Gallery di Baltimora, proviene sicuramente dalla citta etrusca di Spina anche se si ignorano le circostanze di rinvenimento. Secondo le informazioni riportate dal museo, dice proveniente da Comacchio e venne acquisita nel 1930 da Henry Walters.
Pare inoltre che fossero state rinvenute all’interno tracce di “labdanum”, conosciuto anche come ladano, labdano o laudano, una resina profumata che si ottiene dal cisto ladanifero.
Questo gioiello, con decorazione a rilievo nella tecnica dello sbalzo, e costituito da due lamine unite tra loro e alla sommita reca un cilindro che serviva per appenderla, forse come elemento centrale di una collana. Sulle due facce della bulla sono rappresentati Dedalo e Icaro, entrambi in volo come indicano le ginocchia piegate e le ali dietro la schiena. Le iscrizioni Taitle e Vikare consentono di riconoscere i due personaggi. Le due figure, molto simili nello schema e nell’atteggiamento, si differenziano per gli attributi che stringono nelle mani e per l’età, vecchio e barbato Dedalo, giovane e imberbe Icaro. II primo tiene in mano una sega e un’accetta a taglio ricurvo, il secondo una squadra da falegname e una doppia ascia.
Datazione: secondo quarto del V secolo a.C. Ecco il link della scheda tecnica della Walters Aer Gallery https://art.thewalters.org/detail/36446/bulla-with-daedalus-and-icarus/Dedalo al culmine della sua fama venne accusato della morte del geniale nipote Ecale e venne esiliato da Atene. A Creta, grazie agli incarichi di Minosse realizzò la sua opera più grande: il labirinto per catturare il Minotauro. Il pegno in sacrifici umani per sfamare il toro ebbe fine con l’impresa di Teseo aiutato da Arianna e da Dedalo con la sua idea del filo. Questo però gli procurò l’ira di Minosse che lo rinchiuse nel labirinto. Ma non esistono limiti per una mente creativa : “Possono precludermi il mare e la terra – disse – ma il cielo è certamente libero: andremo via per di là. Possieda pure Minosse tutto quanto desidera ma non sarà di sicuro padrone dell’aria” Volse allora la mente ad arti fino all’ora sconosciute, e rinnovellò la natura; dispose infatti secondo un dato ordine delle penne, poi, con del filo, fermò le parti di mezzo, fissò quindi con la cera le estremità inferiori e le piegò incurvandole lievemente così da imitare i veri uccelli.”
Il figlio Icaro lo seguì ma non rispettó i consigli di non avvicinarsi né all’acqua né al sole, la cera si sciolse e precipitò.”Icaro!” Seguitava a chiamare “Icaro” ma quando vide le penne sparse sulle onde maledisse la sua arte”.
Bibliografia essenziale: Giuseppe Sassatelli, Spina nelle immagini etrusche, in “Spina. Storia di una citta tra Greci ed Etruschi”, Fede Berti e Pier Giovanni Guzzo (a cura di), pp. 115-127
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